A Vaprio d’Adda, in provincia di Milano, nel cuore della Lombardia sorge lungo il Naviglio della Martesana ed il fiume Adda, la maestosa Villa Castelbarco, storica villa immersa in una stupenda cornice naturale di ottocentomila metri quadrati di parco dove è ancora possibile scorgere cervi e daini in libertà. Struttura privata in grado di rispondere alle esigenze di funzionalità del presente nell’elegante cornice architettonica del passato. L’inizio dell’insediamento è databile intorno al 1100 circa, periodo in cui, secondo alcuni studiosi in questa zona fu costruito dai frati Cistercensi un convento in seguito alla distruzione di quella che potrebbe essere definita la sede “centrale”, risalente al secolo VII, presumibilmente situata dove oggi sorge la chiesa di San Colombano in Vaprio d’Adda. La struttura originaria sembra infatti essere assai semplice ed appartenere quindi ad una presenza monastica riconducibile alla tradizione austera promossa dai Discepoli di San Colombano (540 – 615), che diffondevano il messaggio del Santo Irlandese.

L’architettura della Villa così come è ancora leggibile oggi, permette di individuare i vari corpi di fabbrica disposti attorno al cortile adiacente alla chiesa che, diviso da un duplice porticato, poteva essere il chiostro a volte doppio. Affiora così il senso di un legame unitario che accentra attorno al luogo di culto funzioni diverse: la sala capitolare, il refettorio, i dormitori… L’utilizzazione monastica dell’area continuò presumibilmente anche dopo la creazione della residenza nobiliare.A testimonianza di ciò sono da citare: una visita pastorale alla comunità monastica di Padre Leonetto Clavonio nel 1570, inoltre informazioni cartografiche riportate in una mappa storica del ‘600 che illustra il percorso del Naviglio della Martesana e che individua a Sud di Concesa ed a Nord di Vavero il “Monastero”.

Nel ‘600 la residenza che “sorge aull’aprica altura di Monastirolo donde l’occhio s’allegra d’un ampio e magnifico prospetto” (Cesare Cantù), diviene una modesta casa di campagna detta “La Contessa”. Fu il Conte Giuseppe Simonetta, allorchè entrò in possesso del complesso all’inizio del ‘700, a trasformare l’antico monastero in “Villa delle Delizie”. (Madame De Bocage visita in quell’epoca la villa ed il giardino della sua amica Contessa Simonetta a Vaprio dalla quale si gode una vista che è un “admirable tableau”).

Risale a quell’epoca la ricostruzione della Chiesetta con campanile e la realizzazione dell’esedra, nonché la creazione del cortile di servizio. Della Chiesetta, dice lo studioso Tencajoli che visitò la villa nel 1908 e pubblicò un articolo dedicato al Monastero sulla Rivista “Ars et Labor”: “… pulita, fresca, artistica, vero tipo della cappella padronale d’altri tempi. Lo stile interno è prevalentemente barocco con buoni affreschi e stucchi alle pareti ed al soffitto; una profusione di marmi dei più svariati colori getta una nota gaia che piace e fa strano riscontro ai numerosi quadri di primitivi, tra i quali un’impressionante Crocefissione… Nel mezzo della chiesuola riposano le ceneri del Conte Giuseppe Simonetta, fondatore della villa, assieme a quelle del pronipote Giuseppe Castelbarco…” Un riferimento scientifico attendibile della consistenza del complesso nella prima metà del ‘700 è fornito dalla mappa del territorio di Vaprio – Pieve di Pontirolo – redatta dal Geometra Gio Batta Molfi per la “Misura generale del Nuovo Censimento” nel 1721 (Catasto Teresiano). In quel periodo il complesso di Monasterolo era di proprietà del Conte Giuseppe Simonetta.

La chiesetta era distinta dal corpo principale organizzato intorno a due cortili, il primo dei quali (ad est) di pianta quadrata, il secondo, aperto sul lato

ovest, di pianta rettangolare. Importanti considerazioni si possono fare esaminando l’assetto territoriale della zona riportato nella tavola catastale:

  1. la via per Concesa è tangente al palazzo ed alla Chiesa;
  2. i giardini francesi sono collegati ad est verso il Naviglio della Martesana;
  3. sulla sponda del Naviglio è segnalato un fabbricato definito “sito delle fornaci del Conte Giuseppe Simonetta”.

Con i Castelbarco la villa assunse il suo massimo splendore. Il Conte Cesare, amante delle belle arti e delle lettere, l’ampliò con saloni di rappresentanza, raddoppiò l’ala Sud (limonaia), edificò sulla spianata a lato del terrazzo due palazzine in stile impero adibite l’una a Museo, l’altra a Teatro, e realizzò le Gallerie sotterranee.

La villa fu resa “magnifica e degna sede per ogni sorta di comodi e di sontuosità”. Anche il parco di oltre 1200 pertiche ebbe le sue cure, intersecato da laghetti, da larghi viali fiancheggiati da statue, da tempietti, da fagianiere nel gusto romantico dell’epoca.Scrivono di Monasterolo: L’Abate Giuseppe Barbieri in una epistola diretta al Conte Cesare Castelbarco dopo una sua visita all’incantevole sito: “…dove il Brembo si marita con l’Adda, alta risurge nobilissima villa, il cor mi prese d’alto diletto…. Ma l’eccelsa magion che a dignitosi ozi t’è grata, di cotante ornasti meraviglie così, ch’altro o simile dall’Olona al sebeto io mai non vidi….”

Lo storico Cesare Cantù – Storia di Milano e sua Provincia – nel 1858: “….La Villa Castelbarco (Monastirolo) è una delle più notevoli di Lombardia. In essa ammiransi belle sale adorne con lusso, ad una delle quali può darsi il nome di museo per la locazione di buone pitture, rari animali, curiose anticaglie e bizzarrie. L’annesso giardino misura oltre 1200 pertiche ed è intersecato da vie comode ai cocchi, ed ornato di cascine, tempietti, uccellerie, fagianiere, ed altri edifizi pittoreschi. Cinti da tre parti di muro, scende l’altra verso il Naviglio, sul quale è un ponte che mette ad una penisola tra esso e l’Adda. Dal suo terrazzo godonsi de’ bei panorami dei villaggi del Bergamasco, e dell’ex contrada della Martesana”.

I due fabbricati stile impero costruiti a sud del complesso dal Conte Cesare Castelbarco furono adibiti a Teatro ed a Museo. Nel primo il Conte era solito offrire spettacoli ed intrattenimenti per gli ospiti che risiedevano presso i Conti e che giungevano da Milano spesso in barca navigando il Naviglio della Martesana. Nel secondo era originariamente ospitata la pinacoteca trasformata nella prima metà del ‘900 in bagno termale. Le gallerie decorate, fatte scavare dal Conte Carlo Castelbarco negli anni 1835 – 1838 rappresentavano una delle grandi attrattive della Villa. Sono composte da parecchie sale prospicienti una vasta terrazza cha dà sul Naviglio e sull’Adda.

Così le descrive lo studioso Tencajoli all’inizio del secolo: “Stupende sono le gallerie sotterranee tutte a mosaici, disposte con tanta varietà di gusto e finezza d’arte, che ne risulta il più gradito piacere all’occhio. Ivi sono profuse in un cornicione quelle grandi conchiglie de’ mari equatoriali, di cui una sola considerasi ornamento alle nostre sale. Vi si incontra un oratorio parimente a mosaico, ed a fini marmi, con oggetti preziosi per isquisitezza di lavoro e per antichità. Scorrendo quelle gallerie vedi copiosi getti d’acqua, che or ti si presentano in belle cascate, ora in limpidi zampilli, e quando ti si spicciano improvvisi d’accanto, e quando ti si spagliano dinanzi in minutissima pioggia”.

“…nella sala romana, tra numerose antichità provenienti dagli scavi di Roma e dal Lazio, si trovano i busti di Elena Albani e del Duca Litta di lei consorte; in un angolo si vede anche il busto di Clemente XI (Francesco Albani) e quelli degli imperatori romani Commodo, Teodosio, Lucio, Elio, Aurelio, lapidi funerarie, frammenti ecc. Nella sala marittima, con le pareti ricoperte di conchiglie rarissime, si vede la statua del Dio Nettuno, e quella pare, di un re longobardo oppure di un Doge di Venezia, ed una statuetta di un fanciullo di casa Castelbarco. Un trofeo romano serve come lampadario. Nella sala raffaellesca primeggia una meravigliosa statua di Ercole col corno dell’abbondanza strappato da lui al fiume Achelòs: statua che si erge sopra un’ara romana di molto pregio.

In questa stessa sala si vedono i busti di Raffaello Sanzio, di Giulio Cesare, di Cicerone, di Livia, di Messalina ecc; medaglioni coi profili degli imperatori Galba, Britannico ed altri in pietra arenaria di due visconti signori di Milano. Nella sala egizia si ammira una deità dell’epoca dei Faraoni, con la testa di leone ed il rimanente del corpo in forma umana, e di rispetto una tomba ed un cippo con l’iscrizione in egizio antico, alcune sfingi e colonne istoriate.

Nella sala etrusca spicca il busto di Cleopatra, che sarebbe per altro da porsi nella sala precedente; disposti in ordine su tavoli di pietra e sul pavimento, si vedono molti vasi di terracotta, otri, stoviglie ed altri oggetti trovati negli scavi toscani. Dopo queste cinque sale, si entra in un Oratorio sul cui altare poggiano quattro candelabri di marmo, con in mezzo una croce di lapislazzuli, nonché una graziosissima testa di bambino, pure in marmo, con un pugnale conficcato nella gola. Sotto il tavolo vi è un altro bambino in marmo finissimo, lavoro cinquecentesco.

Uscendo dall’Oratorio, si incontra un corridoio con adiacenti piccoli sotterranei, in fondo al quale esiste una piccola cascata artificiale.

Nei muri di questi piccoli vani sono incastrati medaglioni – busti dei dodici Imperatori della famiglia Cesarea. Nel mezzo sorge un lavello con getto d’acqua, con attorno piccoli delfini che irrorano acqua, il tutto di sorprendente effetto. Quindi una lunga e stretta galleria, adorna di busti e statue, congiunge questi sotterranei alle serre dove crescono rigogliose le orchidee e fruttificano gli ananas.” Un secondo riferimento cartografico circa la consistenza della tenuta, è fornito dalla Mappa del Comune di Vaprio d’Adda – Provincia di Milano del 1866 (Catasto del Regno d’Italia). Il complesso principale si presenta pressochè come ai giorni nostri, caratterizzato dal sistema dei tre cortili, con l’ala raddoppiata (limonaia) e i giardini all’italiana lungo l’ala sud stessa.

Risalgono alla prima metà dell’800 le stalle a Nord (denominate Arsenale), il maneggio coperto e le scuderie, nonché le serre, la Fasanera e la Cascina Cartiera. La via per Concesa segue ancora il tracciato del ‘700 tangente al complesso; mentre compaiono il viale dei Tigli, che collegava il palazzo alla strada che “da Grezzago mette a Vaprio” ed il viale che dal piazzale col Teatro ed il Museo conduce al cancello dei Leoni in Località Cascine San Pietro.Risale agli inizi degli anni 1950 circa la rettifica del tracciato di Via per Concesa, voluta dai Conti Quintavalle, proprietari della villa fino al 1975, dopo i Massimini che subentrarono a loro volta ai Castelbarco.

DICONO DI NOI

Nel 1908, quando ancora Villa Castelbarco era abitata dai Conti Castelbarco, il raffinato mensile “Ars et Labor” diretto da Giulio Ricordi e pubblicato dall’omonima Casa, pubblicò un’ampio articolo dedicato alla maestosa villa di delizia.

Come sarà noto a tanti, la rivista si rivolgeva ad un pubblico specializzato e si occupava di musica, di teatro, di danza, includendo anche notizie e splendidi servizi fotografici sulle esposizioni artistiche, sulla storia del costume e della moda nonché sulla geografia del territorio nazionale.

In questa pagina trovate un estratto di quel numero della prestigiosa rivista.

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