IN ESPOSIZIONE PER LA PRIMA VOLTA L’OPERA DI MOJA SCENA DI BATTESIMO NELLA CAPPELLA DI BREMBATE
A Villa Castelbarco, insieme a opere di grande interesse e qualità sarà presentata al pubblico, presso lo stand di Ars Antiqua, l’inedito capolavoro di Federico Moja, uno tra i più importanti artisti lombardi dell’800. Riscoperta recentemente dall’espositore, raffigura la miracolosa Grotta di Brembate.
Dal 19 al 27 ottobre 2019 a Villa Castelbarco – Vaprio d’Adda (MI) Vaprio d’Adda, ottobre 2019 –
Inaugura il 19 ottobre la prossima edizione di Antiquariato Nazionale, la manifestazione di Villa Castelbarco (dal 19 al 27 ottobre 2019, a Vaprio d’Adda – MI) che festeggia nel 2019 trentatré edizioni, svelando per la prima volta al pubblico un sorprendente capolavoro frutto di una recente acquisizione ad opera di Ars Antiqua, galleria specializzata nella compravendita di opere d’arte e antiquariato: la Scena di battesimo nella cappella di San Vittore di Brembate di Federico Moja.
Firmato e datato in basso a destra “Moja 1838”, l’olio su tela rappresenta la scenografica, e dalle origini intrise di leggenda, cappella di San Vittore di Brembate, in provincia di Bergamo, luogo di culto molto caro ai bergamaschi. La tradizione individua nelle grotte del Santuario di San Vittore il primo rifugio di Vittore il Moro, soldato romano di stanza a Milano all’epoca di Massimiano che subì martirio a causa della sua fede. La roccia della grotta si sarebbe infossata in maniera prodigiosa a creare una nicchia, per nascondere San Vittore da alcune guardie scese nella grotta per cercarlo. A metà della grotta, dove la roccia si abbassa sulla destra, si trova una vasca in pietra, un’antica fonte battesimale: sopra di questa si trova l’impronta della mano del Santo – rappresentata come una macchia più scura – dalla quale, secondo la leggenda, sgorga perennemente una goccia d’acqua. Quest’acqua è raccolta con devozione ed ha la fama di possedere proprietà curative ed essere autrice di numerose guarigioni prodigiose. I motivi della fama del Moja derivavano principalmente dal consenso di pubblico ottenuto dalla veduta architettonica per tutto l’Ottocento, anche grazie alle richieste dei viaggiatori nell’ambito del fenomeno del Grand Tour. Altro motivo del suo successo fu sicuramente l’adesione a una pittura atmosferica e a soggetti romantici, neogotici, quali le cripte delle chiese, i conventi e i luoghi di pellegrinaggio, come attestato dalla scenografica tela raffigurante una scena di battesimo nella cappella di San Vittore di Brembate. Gli edifici sacri venivano scelti più in virtù della loro connotazione storica che per la valenza architettonica. Federico Moja nella sua attività è particolarmente attento alle sfumature e ai forti contrasti di chiaroscuro, propriamente sulla scia del maestro Migliara. Basti notare le luci calde in grado di rendere l’atmosfera sacrale del luogo ed il silenzio che domina l’ambiente.
Biografia di Federico Moja
Federico Moja nacque a Milano il 20 ottobre 1802, da Giuseppe, pittore e decoratore, e da Maria Cajani. Nel 1818 iniziò a frequentare l’Accademia di Brera, dove divenne uno dei migliori allievi di Giovanni Migliara ed entrò nel gruppo di pittori detti «migliaristi» insieme a Pompeo Calvi, Giovanni Renica e Luigi Bisi. Fin dagli esordi Moja si ispirò alla tradizione settecentesca delle vedute paesistiche e degli interni in prospettiva, sulla scia del suo maestro. Dal 1841 si stabilì per un trentennio a Venezia, dove ottenne la cattedra di prospettiva all’Accademia. Fra il 1840 e il 1842 collaborò, congiuntamente a d’Azeglio e altri, all’edizione a dispense dei Promessi Sposi illustrata da F. Gonin, ricevendo l’approvazione di Manzoni per i disegni, realizzati in stretta collaborazione con lo scrittore stesso. Nel 1842 espose a Brera Veduta dal Pont-Neuf a Parigi del 1841 e La chiesa della Salute a Venezia del 1842, entrambe conservate a Milano, nella Galleria d’Arte Moderna. Dal 1842 e fino al 1885 espose frequentemente alle mostre delle Promotrici di Torino e Genova, alle esposizioni annuali braidensi e dell’Accademia di Venezia, meno assiduamente alla Promotrice di Firenze, oltre che in altre città italiane. Nel 1855 una commissione dell’Accademia di Belle Arti di Venezia propose Moja per la decorazione di alcune sale dell’appartamento dell’arciduca Ferdinando Massimiliano nel Palazzo Reale. Nella stanza della Giustizia sono a lui attribuite alcune vedute di Città dell’Impero raffiguranti scorci di Venezia, Milano, Vienna e Praga.
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